I riti magici attorno agli idoli di pietra – di Mauro Aresu

Per millenni gli antichi abitanti hanno tramandato cerimoniali che gli studiosi cercano di interpretare

La Sardegna oggi è definita da molti studiosi come un museo a cielo aperto per l’innumerevole quantità di monumenti e vestigia. Ha visto il fiorire di un’antica civiltà autonoma ed originale come quella nuragica con il sorgere di decine di migliaia di strutture difficilmente confrontabili con altri monumenti esistenti nel resto del mondo. Queste antiche popolazioni erano distribuite in tutto il territorio dall’entroterra alla costa, dai monti alla pianura e vivevano suddivisi in tribù o clan. Il villaggio era capeggiato da un uomo dalle doti insolite: uno sciamano-stregone che aveva il potere di vita e di morte. Ma questi uomini primitivi sardi non avevano (o almeno crediamo) una scrittura in modo da lasciare ai posteri informazioni sulla loro vita quotidiana. Non è vero infatti che l’immenso bagaglio culturale e spirituale degli antichi sardi non sia mai stato trascritto, semmai  quell’immenso sapere non è stato espresso in modo strutturato e codificato. Molte notizie sono state tramandate in codice, altre nascoste e dissimulate dietro fiabe e leggende. Molti miti sono stati contagiati, contaminati, alterati o non completamente interpretati, tuttavia, al di là dell’incerta e fluttuante memoria, c’è ancora (per fortuna) un filo che lega il nostro presente alla tradizione antica. Dalla conoscenza trasmessa dagli stregoni -sciamani per via orale e iniziatica hanno origine i riti magici. Da fonti classiche giunte fino a noi dall’epoca nuragica si ha notizia del culto dei morti presso le Tombe di Giganti (e altri templi) con i riti di incubazione di sfondo magico-terapeutico che duravano  cinque giorni  e cinque notti, dove, immersi nel sonno, privi di coscienza, si curavano  da ossessioni e altre problematiche fisiche. Si racconta inoltre dei rituali che venivano celebrati presso i pozzi sardi dove si svolgevano le cerimonie, in cui gli imputati venivano sottoposti al giudizio delle acque. Se bagnandosi gli occhi con quel liquido prodigioso avessero perso temporaneamente la vista, sarebbero stati condannati per il reato perpetrato. Si ritiene che in taluni casi l’acqua prima della prova di giudizio venisse alterata con l’immissione di liquidi derivati da erbe tossiche o allucinogene presenti in Sardegna quali la cicuta o l’euforbia  in grado di causare una cecità temporanea e confermare pertanto la colpevolezza dell’imputato.

Si ricordano altresì usanze di riti intorno ai betili e menhir per invocare la fertilità dei luoghi o affinché le donne non fossero sterili. Questa usanza si è tramandata per millenni. Inoltre, in moltissimi casi, le chiese vennero edificate in sovrapposizione a strutture preistoriche mantenendo la sacralità del luogo. La stessa cultura materiale composta di oggetti e pietre è spesso adornata di motivi geometrici o figurativi o simbolici che ai nostri occhi appaiono irrilevanti mentre per i nostri avi rappresentavano un principio attivo atto a scacciare le forze del male e per essere di buon auspicio per la loro esistenza terrena.